Oggi diamo la parola al nostro Avvocato Silvia Salomè che ci parlerà di mediazione e patti d">   Oggi diamo la parola al nostro Avvocato Silvia Salomè che ci parlerà di mediazione e patti d">

LA MEDIAZIONE E IL PATTO DI FAMIGLIA

 

Oggi diamo la parola al nostro Avvocato Silvia Salomè che ci parlerà di mediazione e patti di famiglia, un’importante novità del nostro panorama giuridico.

Vi invitiamo a leggere l’articolo e a commentarlo, raccontandoci anche le vostre esperienze in merito.

Buona lettura.

Tra le materie oggetto di mediazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010, si annovera il “patto di famiglia”.  L’istituto, introdotto con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, è regolato dall’art. 768 bis e ss. del codice civile, la cui ratio è la regolamentazione e l’agevolazione del cd. “passaggio generazionale” nelle aziende, cioè il passaggio di consegne dal padre-imprenditore al figlio, che subentra al suo posto.

Detto patto, però, non è un testamento (come si potrebbe a prima vista pensare), ma è un contratto con cui l’imprenditore “anticipa” la propria successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dell’azienda ai figli (o ai nipoti), nell’ottica della continuità dell’impresa.

Al riguardo, è bene specificare che, oltre che per il trasferimento dell’azienda, il patto di famiglia può essere usato anche per il trasferimento in favore dei figli (e discendenti) della proprietà di quote sociali. Pertanto, esso costituisce una importante novità nel nostro panorama giuridico, poiché è  un’importante deroga al divieto di patti successori (ossia la regola secondo la quale non producono alcun effetto – e quindi sono nulli – gli accordi che hanno per oggetto la disposizione dei diritti ereditari provenienti da una successione non ancora aperta: ad esempio è nullo l’accordo in base al quale A vende a B la quota di eredità del proprio padre C, che è ancora in vita). 

Caratteristica essenziale del patto è che questo deve essere redatto per atto pubblico (da farsi quindi, a pena di nullità, innanzi al notaio, alla presenza di due testimoni) ed è necessariamente gratuito.

All’atto notarile di stipula devono partecipare: l’imprenditore (cioè il disponente, ossia colui che effettua il trasferimento liberale), i figli o i discendenti beneficiari della disposizione stessa (detti anche “assegnatari delle quote ereditarie”), il coniuge dell’imprenditore e tutti quei soggetti che avrebbero la qualifica di legittimari se, in quel momento, si aprisse la successione dell’imprenditore.
Infatti, il coniuge e gli eredi legittimari hanno diritto a percepire, dai figli assegnatari dell’azienda, una somma a titolo di liquidazione del valore delle quote di legittima e, quanto ricevuto, verrà poi  imputato alla loro quota di legittima. Si tratta, insomma, come detto, di un vero e proprio “anticipo dell’eredità”. La liquidazione può avvenire anche con un contratto successivo, purché collegato al patto di famiglia e con la presenza degli stessi partecipanti. In ogni modo, le modalità di legge per procedere alla liquidazione sono diverse ed in particolare essa può avvenire:

  • mediante versamento in denaro (modalità ordinaria);
  • mediante trasferimento di beni in natura, quali immobili, partecipazioni societarie, titoli, o qualsiasi altro bene e/o valore (si pensi, ad esempio, anche alla costituzione di una polizza vita);
  • in parte mediante versamento in denaro e in parte in natura;
  • mediante pagamento dilazionato nel tempo (preferibilmente con delle opportune garanzie), fermo restando l’immediato e definitivo prodursi degli effetti del patto di famiglia;

Come sopra evidenziato, assegnatario dei beni dell’imprenditore deve essere un suo discendente, ergo non un ascendente, un collaterale e neppure il coniuge  e questo perché la finalità per cui è stato introdotto il patto di famiglia è quella di garantire il passaggio e il ricambio generazionale delle imprese: a ben vedere, infatti, questo risultato non sarebbe conseguito con la cessione dell’azienda in favore dei sopra menzionati soggetti, dato che mancherebbe l’avvicendarsi della nuova generazione nella direzione dell’impresa, che è, appunto, alla base della normativa in parola.   

Di più. In caso di sopravvenienza di altri eredi alla stipula del patto, il contratto rimane valido ed efficace ed i legittimari sopravvenuti potranno domandare, all’apertura della successione dell’imprenditore (disponente), il pagamento della somma della loro quota ereditaria, maggiorata degli interessi. Per ciò che attiene, invece, la quantificazione delle quote, sarà buona norma allegare al patto di famiglia una perizia che attesti il valore del bene e questo per ovviare a future e probabili dispute tra coeredi.

Le categorie alle quali si applica il patto di famiglia sono:  tutti gli imprenditori commerciali e quelli agricoli  -piccoli medi o grandi-, purché l’attività di impresa sia già avviata e non in fase di mero start – up.

Un’ulteriore annotazione riguarda lo scioglimento o la modifica del patto, che possono essere attuati o con un nuovo patto di famiglia o, se il patto stesso lo prevede, con una dichiarazione di recesso da parte di un partecipante a cui segue una dichiarazione delle altre persone certificata dal notaio; il contratto de quo è, ovviamente, anche impugnabile e, a tal proposito, è bene ricordare, come già sopra sottolineato, che il ricorso al Giudice deve essere necessariamente preceduto da un procedimento di mediazione obbligatorio per legge. Ciò detto, va osservato, in primo luogo, quanto ricevuto dal coniuge e dai legittimari non può essere oggetto di collazione o di un’azione di riduzione. In secondo luogo, se il patto di famiglia è stato stipulato approfittando di un “vizio del consenso” (ossia se qualcuno era in errore o è stato costretto a sottoscrivere il patto con violenza, dolo o inganno), l’azione di annullamento del patto è possibile ed è concessa a ciascun partecipante entro il termine tutto sommato abbastanza ristretto di un anno.
Ancora, se il coniuge o alcuni legittimari non partecipano al patto di famiglia e poi effettivamente l’imprenditore muore, essi possono chiedere ai figli assegnatari la corresponsione della somma dovuta a titolo di liquidazione più gli interessi legali: se i figli non versano tale somma, il patto di famiglia può essere impugnato sempre nel termine di un anno.  In tutti questi casi, come in altri, lo strumento della mediazione si può rivelare utile per la composizione della controversia, soprattutto considerando una realtà “dinamica” come quella aziendale, dove risulta essenziale ottenere risultati in modo veloce, certo ed economico, non solo per l’imprenditore, ma anche per tutta la compagine sociale.

Avv. Silvia Salomè

7515 Totale visite 18 Visite oggi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *