REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PALERMO
IL TRIBUNALE DI PALERMO
Terza sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del dr. Francesco Caccamo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile N. 3808/2014 R.G.
TRA
nata a Milano, rappresentata e difesa dall’Avv.to.
E
…. nato a Siena, rappresentato e difeso dall’Avv.to.
nato a Faenza, nato a ______________________, ed nata a ______________________
rappresentati e difesi dall’ Avv.to
ORGANISMO DI MEDIAZIONE xxx in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato dall’ Avv. to .
Conclusioni dell’attrice:
preliminarmente, ritenere e dichiarare la nullità del verbale di conciliazione e dell’allegato atto di transazione del 19/10/2012 ai sensi e per gli effetti dell’art. 1418 c.c., anche per assoluta mancanza di causa, oltre che per la non commerciabilità dei beni oggetto della divisione di cui all’atto di transazione e per tutto quanto riferito sopra;
ritenere e dichiarare sussistente l’indebito oggettivo consistito nel pagamento effettuato dall’attrice in favore del a seguito di notifica di atto di precetto del 23/11/2012
(v. quietanza del 3/12/2012 per un importo di € 11.132,55), ai sensi dell’art. 2033 c.c., e, per l’effetto, condannarlo alla restituzione in favore dell’attrice di quanto pagato (indebitamente) oltre gli interessi come per legge dalla data della domanda;
ritenere e dichiarare l’Organismo di mediazione xxx in persona del legale rappresentante pro tempore, responsabile ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. dei danni procurati all’attrice a seguito dell’inadempimento alle obbligazioni scaturenti dal contratto di conciliazione in virtù della sua condotta, ampiamente descritta in narrativa, connotata da grave colpa per negligenza ed imperizia e, per l’effetto, condannarlo al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, come quantificato sopra (paragrafo 11), ovvero determinato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. nella minore o maggiore somma che l’ On.le Tribunale riterrà equa ed opportuna;
con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Conclusioni di … .
Disattesa e respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa, rigettare, per i motivi tutti di cui in narrativa, e siccome inammissibili, improcedibili e comunque infondate in fatto e in diritto, e con qualunque statuizione, le domande tutte formulate dall’attrice ;
– Condannare l’attrice in ottemperanza quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo dr. Leonardo Guarnotta con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il giorno 10.5.2013, a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 anche mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge;
– Ordinare, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., all’avv. , la cancellazione, dalla memoria ex art. 183 n.1 c.p.c., delle seguenti espressioni offensive: “sancire l’impossibilità per l’avv.to . di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti fa i soggetti a favore di taluno e contro altri, dichiarando comunque l’inammissibilità dei suoi atti difensivi in considerazione della sua qualità di soggetto “associato ordinario” del xxx
Con vittoria di spese, e compensi di lite del presente giudizio
I Sigg.ri così concludono:
Rigettare le domande tutte da controparte formulate in quanto improcedibili per difetto di competenza del giudice adito.
Nel merito rigettare le domande da controparte formulate in quanto infondate in fatto e in diritto, sfornite di prova alcuna e, comunque, per carenza d’interesse ad agire.
Condannare l’attrice , in ottemperanza a quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo dr. Leonardo Guarnotta con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il giorno 10.5.2013, a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 anche mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge;
Con vittoria di spese, e compensi di lite del presente giudizio, nonché della precedente fase di mediazione obbligatoria da distrarsi a favore dello scrivente procuratore antistatario.
Per xxx si rassegnano le seguenti conclusioni:
Reiectis adversis
Ritenere e dichiarare che nessuna responsabilità, a qualsivoglia titolo potrà essere attribuita al mediatore di xxx o all’Ente di mediazione stesso anche nell’eventualità in cui l’atto d’accordo di mediazione sia annullato, avendo il mediatore incaricato e l’Organismo di mediazione xxx agito nell’esplicazione delle proprie funzioni con diligenza e perizia e nei limiti e nel rispetto delle funzioni e dei poteri conferitigli dalla legge e dai regolamenti vigenti in materia.
Rigettare conseguentemente le domande azionate da parte attrice poiché non dovute, non provate ed infondate in fatto ed in diritto, condannando la Sig.ra in favore di xxx al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio anche ai sensi del disposto di cui all’art. 96 c.p.c. per la temerarietà delle proprie domande.
nato a Faenza, nato a ______________________, ed nata a ______________________
rappresentati e difesi dall’ Avv.to
ORGANISMO DI MEDIAZIONE xxx in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato dall’ Avv. to .
Conclusioni dell’attrice:
preliminarmente, ritenere e dichiarare la nullità del verbale di conciliazione e dell’allegato atto di transazione del 19/10/2012 ai sensi e per gli effetti dell’art. 1418 c.c., anche per assoluta mancanza di causa, oltre che per la non commerciabilità dei beni oggetto della divisione di cui all’atto di transazione e per tutto quanto riferito sopra;
ritenere e dichiarare sussistente l’indebito oggettivo consistito nel pagamento effettuato dall’attrice in favore del a seguito di notifica di atto di precetto del 23/11/2012
(v. quietanza del 3/12/2012 per un importo di € 11.132,55), ai sensi dell’art. 2033 c.c., e, per l’effetto, condannarlo alla restituzione in favore dell’attrice di quanto pagato (indebitamente) oltre gli interessi come per legge dalla data della domanda;
ritenere e dichiarare l’Organismo di mediazione xxx in persona del legale rappresentante pro tempore, responsabile ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. dei danni procurati all’attrice a seguito dell’inadempimento alle obbligazioni scaturenti dal contratto di conciliazione in virtù della sua condotta, ampiamente descritta in narrativa, connotata da grave colpa per negligenza ed imperizia e, per l’effetto, condannarlo al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, come quantificato sopra (paragrafo 11), ovvero determinato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. nella minore o maggiore somma che l’ On.le Tribunale riterrà equa ed opportuna;
con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Conclusioni di … .
Disattesa e respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa, rigettare, per i motivi tutti di cui in narrativa, e siccome inammissibili, improcedibili e comunque infondate in fatto e in diritto, e con qualunque statuizione, le domande tutte formulate dall’attrice ;
– Condannare l’attrice in ottemperanza quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo dr. Leonardo Guarnotta con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il giorno 10.5.2013, a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 anche mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge;
– Ordinare, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., all’avv. , la cancellazione, dalla memoria ex art. 183 n.1 c.p.c., delle seguenti espressioni offensive: “sancire l’impossibilità per l’avv.to . di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti fa i soggetti a favore di taluno e contro altri, dichiarando comunque l’inammissibilità dei suoi atti difensivi in considerazione della sua qualità di soggetto “associato ordinario” del xxx
Con vittoria di spese, e compensi di lite del presente giudizio
I Sigg.ri così concludono:
Rigettare le domande tutte da controparte formulate in quanto improcedibili per difetto di competenza del giudice adito.
Nel merito rigettare le domande da controparte formulate in quanto infondate in fatto e in diritto, sfornite di prova alcuna e, comunque, per carenza d’interesse ad agire.
Condannare l’attrice , in ottemperanza a quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo dr. Leonardo Guarnotta con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il giorno 10.5.2013, a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 anche mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge;
Con vittoria di spese, e compensi di lite del presente giudizio, nonché della precedente fase di mediazione obbligatoria da distrarsi a favore dello scrivente procuratore antistatario.
Per xxx si rassegnano le seguenti conclusioni:
Reiectis adversis
Ritenere e dichiarare che nessuna responsabilità, a qualsivoglia titolo potrà essere attribuita al mediatore di xxx o all’Ente di mediazione stesso anche nell’eventualità in cui l’atto d’accordo di mediazione sia annullato, avendo il mediatore incaricato e l’Organismo di mediazione xxx agito nell’esplicazione delle proprie funzioni con diligenza e perizia e nei limiti e nel rispetto delle funzioni e dei poteri conferitigli dalla legge e dai regolamenti vigenti in materia.
Rigettare conseguentemente le domande azionate da parte attrice poiché non dovute, non provate ed infondate in fatto ed in diritto, condannando la Sig.ra in favore di xxx al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio anche ai sensi del disposto di cui all’art. 96 c.p.c. per la temerarietà delle proprie domande.
IN FATTO E IN DIRITTO
In data 18 giugno 2012 presentava, mediante deposito presso xxx, domanda di mediazione per la risoluzione di una controversia in materia di divisione ereditaria, indicando, quali controparti.
Il 25 giugno 2012 il responsabile dell’organismo designava il mediatore e fissava il primo incontro tra le parti.
A seguito di adesione alla domanda sia da parte di si svolgeva il procedimento di mediazione che si concludeva con verbale di conciliazione del 19 ottobre 2012, nel quale si dava atto che la controversia relativa alla “divisione ereditaria dei beni relitti dalla sig.ra “, “a seguito di una laboriosa trattativa condotta dal mediatore con le (parti) e i loro avvocati in incontri separati e congiunti, era stata risolta attraverso l’accordo sancito nell’atto di transazione allegato”.
Con citazione del 19 febbraio 2014, deducendo “il carattere abusivo dei beni oggetto dell’atto di transazione/divisione”; che al “procedimento di mediazione e al conseguente accordo […] (aveva preso parte anche la sig.ra che, difettando della qualità di erede, non godeva, ne poteva disporre dei diritti oggetto della transazione”; che la sottoscrizione del verbale non era stata autenticata, come previsto dall’art.11, terzo comma, del Decreto Legislativo n.28 del 2010 da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato; che in ragione di ciò l’omologazione, dapprima concessa, era stata revocata dal Presidente del Tribunale, il …. conveniva in giudizio la …. e l’Organismo di Mediazione xxx per ottenere la declaratoria di “nullità del verbale di conciliazione e dell’ allegato atto di transazione del 19.10.2012, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1418 c.c. anche per assoluta mancanza di causa, oltre che per la non commerciabilità dei beni oggetto della divisione di cui all’atto di transazione e per tutto quanto riferito” e per sentire condannare: 1) alla restituzione di quanto da essa attrice pagatogli indebitamente in forza dell’accordo in questione e 2) xxx, responsabile ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. dei danni (a lei) procurati a seguito dell’inadempimento alle obbligazioni scaturenti dal contratto di conciliazione in virtù della sua condotta […] connotata da grave colpa per negligenza ed imperizia […] al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale”.
I convenuti si costituivano, contestando il fondamento delle domande dell’attrice e chiedendone il rigetto.
… chiedeva inoltre che, in ottemperanza a quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il 10.5.2013, fosse condannata a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge.
Dal canto loro i che spiegavano analoga domanda, eccepivano in via principale il difetto di competenza del Tribunale in forza della clausola compromissoria contenuta nel verbale di conciliazione.
Va dichiarata preliminarmente l’inammissibilità della predetta eccezione, essendosi costituiti tardivamente oltre il termine stabilito dall’art.166 c.p.c. (v. Cass. 22748/2015).
Nel merito va osservato che costituisce mediazione, secondo la definizione contenuta nell’art. 1 lettera a) del D.L.vo 4 marzo 2010, n. 28, sostituita dall’ art. 84, comma 0a del D.L. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n.98 del 2013, l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Mediatore è, sempre alla stregua della definizione contenuta nell’anzidetto articolo alla lettera c), la persona o le persone fisiche che individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione, rimanendo prive in ogni caso del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo.
Conciliazione è, poi, la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione (art. cit. lettera c).
Organismo è infine l’ente pubblico o privato presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione (art. cit. lett. d).
Il comma primo dell’art. 11, terzo comma, del menzionato D.L.vo dispone che se, in conseguenza del procedimento di mediazione, è raggiunto un accordo amichevole (come è avvenuto nella fattispecie) il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo.
Tale processo verbale ai sensi del terzo comma dello stesso articolo, deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.
Dalle disposizioni richiamate emerge, in primo luogo, che processo verbale e accordo amichevole costituiscono atti separati anche se strettamente connessi.
Il fatto che le sottoscrizioni contenute nel verbale non siano autenticate da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, rileva poi solo ai fini della trascrivibilità dell’accordo amichevole ove sia stato concluso uno dei contratti o compiuto uno degli atti previsti dall’art. 2643 cod. civ. ma non incide sull’esistenza dell’accordo medesimo. Né rileva ai fini della esistenza dell’accordo, l’omologazione del Presidente del Tribunale, prevista dalla normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie, solo ai fini dell’acquisizione dell’efficacia esecutiva dello stesso.
Tale accordo, nel caso in esame, secondo l’attrice, è affetto da nullità. Va detto, a riguardo, che nella specie trattasi di accordo che, alla stregua di quanto in esso previsto, integra incontrovertibilmente un’ipotesi di divisione di beni ereditari raggiunta mediante transazione.
Escluso che la dedotta nullità possa ricondursi alla violazione dell’art. 40 della legge n.47 del 1985, esulando dalla sfera di operatività della suddetta nullità i contratti di divisione di beni ereditari (Cass. 2313/2010), essa va invece ravvisata, a giudizio del Tribunale, in ragione del difetto della qualità di erede di uno dei contraenti ( ), qualità che non risulta da nessun documento prodotto e che le parti stesse sostanzialmente escludono in difetto di disposizioni testamentarie in suo favore.
Possono, infatti, partecipare alla transazione diretta allo scioglimento della comunione ereditaria i soli contitolari della stessa.
L’accordo negoziale raggiunto dalle parti è, pertanto, nella fattispecie, in difetto di capacità di disporre di uno dei contraenti, nullo per mancanza di causa (v. Cass. 7319/1993).
Va per conseguenza accolta la domanda di , volta a ottenere la declaratoria di tale nullità e va, del pari, accolta la domanda dell’attrice diretta a ottenere la condanna di B; e restituirle la somma di € 11.132,55 che, stante l’accertata nullità dell’accordo del 19 ottobre 2012, costituisce indebito pagamento.
A tale somma vanno aggiunti gli interessi legali dalla domanda sino al soddisfacimento del credito.
Passando alla domanda di risarcimento dei danni per inadempimento, proposta da nei confronti di xxx occorre in primo luogo, procedere alla qualificazione del rapporto che si instaura tra l’organismo di mediazione e le parti che accedono alla procedura da questo gestita.
Fermo restando il carattere contrattuale del rapporto, ritiene il decidente di dover privilegiare la tesi che qualifica tale contratto alla stregua di un contratto misto in cui accanto alle regole del mandato trovano applicazione le norme che disciplinano l’appalto di servizi ovvero quelle relative alla prestazione d’opera. Trattandosi di responsabilità contrattuale è sul debitore della prestazione (nella specie l’organismo di mediazione) che grava l’onere di provare che l’eventuale inadempimento deriva da causa a lui non imputabile. Nel caso in esame l’accertata nullità dell’accordo amichevole rende manifesto l’inadempimento di xxx anche sotto il profilo di cui all’art. 1228 c.c., secondo il quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi (nella specie il mediatore) risponde anche dei fatti dolosi e colposi di costoro.
L’Organismo di mediazione ha dedotto che l’attrice, al momento della sottoscrizione dell’accordo di mediazione era perfettamente consapevole che non fosse un erede legittimo di F e, ciò nonostante, ha aderito comunque alla mediazione, mostrando la propria disponibilità a trattate ed interloquire con tale soggetto senza nulla riferire al mediatore, il quale, quindi, nessuna questione ha sollevato al riguardo, aggiungendo che in sede di mediazione nessuna delle parti in causa aveva mai contestato la titolarità e/o l’interesse del N, marito della glia premorta della Sig.ra F a partecipare agli incontri a cui lo stesso era stato peraltro espressamente invitato dall’istante B.
Tale assunto, tuttavia, non esclude l’inadempimento colpevole in considerazione della prestazione richiesta all’organismo di mediazione (la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione) che esige che sia assicurata, anzitutto, dal mediatore – che deve essere, proprio in ragione di ciò, soggetto professionalmente qualificato – la validità dell’accordo raggiunto sotto il profilo formale e so- stanziale, a nulla rilevando che le parti siano assistite da un difensore.
Malgrado l’accertato inadempimento, la domanda di rimborso delle spese di mediazione non può essere accolta, non essendo stata chiesta la risoluzione del contratto, ma solo il risarcimento dei danni. Quest’ultima domanda va accolta con riguardo al danno patrimoniale, costituito dalle spese
gravate su A in sede di mediazione per l’assistenza legale (v. fattura n, 57 del 15 ottobre 2012 dell’avv. M. P.) pari a € 2.300,00, somma che, in assenza della prova dell’esborso, non è produttiva d’interessi.
La domanda, con riguardo ad altri danni patrimoniali e al danno non patrimoniale, deve essere, invece, rigettata perché del tutto sfornita di prova.
Va rigettata la richiesta di cancellazione ex art. 89 c.p.c. delle espressioni contenute a pag. 6 della memoria ex art. 183 n.1 c.p.c, dell’attrice. Dette espressioni, infatti, relative a un ipotizzato conflitto di interessi, appaiono, nel contesto in cui sono inserite, nei limiti della continenza. In considerazione della novità delle questioni dibattute, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra tutte le parti le spese del presente giudizio.
Il 25 giugno 2012 il responsabile dell’organismo designava il mediatore e fissava il primo incontro tra le parti.
A seguito di adesione alla domanda sia da parte di si svolgeva il procedimento di mediazione che si concludeva con verbale di conciliazione del 19 ottobre 2012, nel quale si dava atto che la controversia relativa alla “divisione ereditaria dei beni relitti dalla sig.ra “, “a seguito di una laboriosa trattativa condotta dal mediatore con le (parti) e i loro avvocati in incontri separati e congiunti, era stata risolta attraverso l’accordo sancito nell’atto di transazione allegato”.
Con citazione del 19 febbraio 2014, deducendo “il carattere abusivo dei beni oggetto dell’atto di transazione/divisione”; che al “procedimento di mediazione e al conseguente accordo […] (aveva preso parte anche la sig.ra che, difettando della qualità di erede, non godeva, ne poteva disporre dei diritti oggetto della transazione”; che la sottoscrizione del verbale non era stata autenticata, come previsto dall’art.11, terzo comma, del Decreto Legislativo n.28 del 2010 da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato; che in ragione di ciò l’omologazione, dapprima concessa, era stata revocata dal Presidente del Tribunale, il …. conveniva in giudizio la …. e l’Organismo di Mediazione xxx per ottenere la declaratoria di “nullità del verbale di conciliazione e dell’ allegato atto di transazione del 19.10.2012, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1418 c.c. anche per assoluta mancanza di causa, oltre che per la non commerciabilità dei beni oggetto della divisione di cui all’atto di transazione e per tutto quanto riferito” e per sentire condannare: 1) alla restituzione di quanto da essa attrice pagatogli indebitamente in forza dell’accordo in questione e 2) xxx, responsabile ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. dei danni (a lei) procurati a seguito dell’inadempimento alle obbligazioni scaturenti dal contratto di conciliazione in virtù della sua condotta […] connotata da grave colpa per negligenza ed imperizia […] al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale”.
I convenuti si costituivano, contestando il fondamento delle domande dell’attrice e chiedendone il rigetto.
… chiedeva inoltre che, in ottemperanza a quanto disposto dal Presidente del Tribunale di Palermo con il provvedimento del giorno 8.4.2013, depositato il 10.5.2013, fosse condannata a regolarizzare il verbale di conciliazione del 29.10.2012 mediante l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte in calce e nelle forme di legge.
Dal canto loro i che spiegavano analoga domanda, eccepivano in via principale il difetto di competenza del Tribunale in forza della clausola compromissoria contenuta nel verbale di conciliazione.
Va dichiarata preliminarmente l’inammissibilità della predetta eccezione, essendosi costituiti tardivamente oltre il termine stabilito dall’art.166 c.p.c. (v. Cass. 22748/2015).
Nel merito va osservato che costituisce mediazione, secondo la definizione contenuta nell’art. 1 lettera a) del D.L.vo 4 marzo 2010, n. 28, sostituita dall’ art. 84, comma 0a del D.L. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n.98 del 2013, l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Mediatore è, sempre alla stregua della definizione contenuta nell’anzidetto articolo alla lettera c), la persona o le persone fisiche che individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione, rimanendo prive in ogni caso del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo.
Conciliazione è, poi, la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione (art. cit. lettera c).
Organismo è infine l’ente pubblico o privato presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione (art. cit. lett. d).
Il comma primo dell’art. 11, terzo comma, del menzionato D.L.vo dispone che se, in conseguenza del procedimento di mediazione, è raggiunto un accordo amichevole (come è avvenuto nella fattispecie) il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo.
Tale processo verbale ai sensi del terzo comma dello stesso articolo, deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.
Dalle disposizioni richiamate emerge, in primo luogo, che processo verbale e accordo amichevole costituiscono atti separati anche se strettamente connessi.
Il fatto che le sottoscrizioni contenute nel verbale non siano autenticate da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, rileva poi solo ai fini della trascrivibilità dell’accordo amichevole ove sia stato concluso uno dei contratti o compiuto uno degli atti previsti dall’art. 2643 cod. civ. ma non incide sull’esistenza dell’accordo medesimo. Né rileva ai fini della esistenza dell’accordo, l’omologazione del Presidente del Tribunale, prevista dalla normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie, solo ai fini dell’acquisizione dell’efficacia esecutiva dello stesso.
Tale accordo, nel caso in esame, secondo l’attrice, è affetto da nullità. Va detto, a riguardo, che nella specie trattasi di accordo che, alla stregua di quanto in esso previsto, integra incontrovertibilmente un’ipotesi di divisione di beni ereditari raggiunta mediante transazione.
Escluso che la dedotta nullità possa ricondursi alla violazione dell’art. 40 della legge n.47 del 1985, esulando dalla sfera di operatività della suddetta nullità i contratti di divisione di beni ereditari (Cass. 2313/2010), essa va invece ravvisata, a giudizio del Tribunale, in ragione del difetto della qualità di erede di uno dei contraenti ( ), qualità che non risulta da nessun documento prodotto e che le parti stesse sostanzialmente escludono in difetto di disposizioni testamentarie in suo favore.
Possono, infatti, partecipare alla transazione diretta allo scioglimento della comunione ereditaria i soli contitolari della stessa.
L’accordo negoziale raggiunto dalle parti è, pertanto, nella fattispecie, in difetto di capacità di disporre di uno dei contraenti, nullo per mancanza di causa (v. Cass. 7319/1993).
Va per conseguenza accolta la domanda di , volta a ottenere la declaratoria di tale nullità e va, del pari, accolta la domanda dell’attrice diretta a ottenere la condanna di B; e restituirle la somma di € 11.132,55 che, stante l’accertata nullità dell’accordo del 19 ottobre 2012, costituisce indebito pagamento.
A tale somma vanno aggiunti gli interessi legali dalla domanda sino al soddisfacimento del credito.
Passando alla domanda di risarcimento dei danni per inadempimento, proposta da nei confronti di xxx occorre in primo luogo, procedere alla qualificazione del rapporto che si instaura tra l’organismo di mediazione e le parti che accedono alla procedura da questo gestita.
Fermo restando il carattere contrattuale del rapporto, ritiene il decidente di dover privilegiare la tesi che qualifica tale contratto alla stregua di un contratto misto in cui accanto alle regole del mandato trovano applicazione le norme che disciplinano l’appalto di servizi ovvero quelle relative alla prestazione d’opera. Trattandosi di responsabilità contrattuale è sul debitore della prestazione (nella specie l’organismo di mediazione) che grava l’onere di provare che l’eventuale inadempimento deriva da causa a lui non imputabile. Nel caso in esame l’accertata nullità dell’accordo amichevole rende manifesto l’inadempimento di xxx anche sotto il profilo di cui all’art. 1228 c.c., secondo il quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi (nella specie il mediatore) risponde anche dei fatti dolosi e colposi di costoro.
L’Organismo di mediazione ha dedotto che l’attrice, al momento della sottoscrizione dell’accordo di mediazione era perfettamente consapevole che non fosse un erede legittimo di F e, ciò nonostante, ha aderito comunque alla mediazione, mostrando la propria disponibilità a trattate ed interloquire con tale soggetto senza nulla riferire al mediatore, il quale, quindi, nessuna questione ha sollevato al riguardo, aggiungendo che in sede di mediazione nessuna delle parti in causa aveva mai contestato la titolarità e/o l’interesse del N, marito della glia premorta della Sig.ra F a partecipare agli incontri a cui lo stesso era stato peraltro espressamente invitato dall’istante B.
Tale assunto, tuttavia, non esclude l’inadempimento colpevole in considerazione della prestazione richiesta all’organismo di mediazione (la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione) che esige che sia assicurata, anzitutto, dal mediatore – che deve essere, proprio in ragione di ciò, soggetto professionalmente qualificato – la validità dell’accordo raggiunto sotto il profilo formale e so- stanziale, a nulla rilevando che le parti siano assistite da un difensore.
Malgrado l’accertato inadempimento, la domanda di rimborso delle spese di mediazione non può essere accolta, non essendo stata chiesta la risoluzione del contratto, ma solo il risarcimento dei danni. Quest’ultima domanda va accolta con riguardo al danno patrimoniale, costituito dalle spese
gravate su A in sede di mediazione per l’assistenza legale (v. fattura n, 57 del 15 ottobre 2012 dell’avv. M. P.) pari a € 2.300,00, somma che, in assenza della prova dell’esborso, non è produttiva d’interessi.
La domanda, con riguardo ad altri danni patrimoniali e al danno non patrimoniale, deve essere, invece, rigettata perché del tutto sfornita di prova.
Va rigettata la richiesta di cancellazione ex art. 89 c.p.c. delle espressioni contenute a pag. 6 della memoria ex art. 183 n.1 c.p.c, dell’attrice. Dette espressioni, infatti, relative a un ipotizzato conflitto di interessi, appaiono, nel contesto in cui sono inserite, nei limiti della continenza. In considerazione della novità delle questioni dibattute, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra tutte le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale, sentiti i procuratori delle parti, dichiara nullo l’accordo del 19 ottobre 2012, allegato al verbale di conciliazione di pari data. Condanna al pagamento, in favore di della somma di € 11.132,55 con gli interessi legali dalla data della domanda. Condanna xxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di , della somma di € 2.300,00.
Rigetta tutte le altre domande.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Cosi deciso a Palermo il 23 giugno 2016.
Il Giudice
Dott. Francesco Caccamo
Rigetta tutte le altre domande.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Cosi deciso a Palermo il 23 giugno 2016.
Il Giudice
Dott. Francesco Caccamo
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