Tra gli strumenti per la definizione stragiudiziale delle controversie particolare rilievo assumono gli istituti della mediazione e della negoziazione assistita.
Avv. Paolo Accoti – Tra gli strumenti per la definizione stragiudiziale delle controversie particolare rilievo assumono gli istituti della mediazione e della negoziazione assistita.
La mediazione – originariamente introdotta dal decreto legislativo 28/2010, dichiarato incostituzionale per eccesso di delega, è stata reintrodotta dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 che ha convertito con modifiche il D.L. 69/2013, con il quale sono stati “corretti” i profili d’incostituzionalità della normativa originaria – è in vigore dal 20 settembre 2013.
Più recente risulta l’istituto della negoziazione assistita – introdotto con il decreto legge 132/2014, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 – entrata in vigore (in linea teorica) il 13 settembre 2014, ma concretamente applicabile dal 9 febbraio 2015, visto che l’art. 3 co. 8 D.L. 132/2014 stabilisce come l’improcedibilità dell’azione giudiziaria (negoziazione obbligatoria), introdotta con tale articolo, acquista efficacia solo decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, con l’eccezione della negoziazione obbligatoria in materia di contratti di trasporto, in vigore già dal 1° gennaio 2015.
La mediazione obbligatoria e la mediazione facoltativa
E’ quella “attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (art. 1 lett. a), D.Lgs. 28/2010).
La mediazione può essere obbligatoria, allorquando è condizione di procedibilità per l’eventuale giudizio civile, facoltativa ovvero disposta dal giudice, considerato che lo stesso, anche in sede di appello, può imporre l’esperimento del tentativo di mediazione che, pertanto, anche in questo caso diverrà condizione di procedibilità (obbligatoria su valutazione del giudice).
– Materie in cui la mediazione è obbligatoria
Le materie in cui la mediazione risulta obbligatoria sono quelle in tema di “condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari” (art. 5, co. 1 e co. 1-bis, D.Lgs. 28/2010).
La mediazione non è più condizione di procedibilità della domanda giudiziale e, pertanto, non risulta obbligatoria: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell’azione civile esercitata nel processo penale (art. 5, co. 4, D.Lgs. 28/2010).
Anche nei casi di mediazione obbligatoria, tuttavia, è sempre possibile richiedere al giudice i provvedimenti che, secondo la legge, risultano urgenti e indilazionabili.
Nelle materie in cui esiste l’obbligatorietà della mediazione le parti dovranno necessariamente farsi assistere da un avvocato.
– Aspetti procedurali della mediazione
La mediazione viene introdotta con una istanza da presentarsi all’organismo di mediazione prescelto, presente nel luogo del giudice territorialmente compete per il giudizio. In altri termini, si configura una competenza territoriale analoga a quella del giudice competente a conoscere della causa.
Gli organismi di mediazione debbono essere iscritti in un apposito registro del Ministero della Giustizia e sono ordinati secondo il numero di iscrizione. L’organismo di mediazione può essere operativo in più luoghi contemporaneamente ma le domande di mediazione vanno presentate alla sede legale dell’organismo, mentre gli incontri di mediazione possono svolgersi anche presso le sedi operative.
Il mediatore deve possedere i seguenti requisiti: un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale, o in alternativa, essere iscritto ad un collegio o ordine professionale; non essere incorso in interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento; non essere stato sottoposto a misure di sicurezza o di prevenzione; non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o pena detentiva non sospesa.
Chi vuole intraprendere questa professione deve acquisire una specifica formazione, seguendo uno speciale corso per mediatore civile (corso di 50 ore e test di valutazione), con aggiornamento almeno biennale.
Gli avvocati, in virtù delle specifiche competente in materia, sono mediatori di diritto. Vale a dire che per far parte di un organismo di mediazione non avranno necessità di frequentare lo specifico corso ma dovranno, tuttavia, partecipare agli aggiornamenti con cadenza biennale.
Una volta intrapreso il procedimento di mediazione, a seguito di apposita istanza (che deve contenere i dati dell’organismo di mediazione, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa), viene fissato un incontro preliminare tra le parti nel corso del quale il mediatore designato informa le stesse sulla funzione e le modalità di svolgimento della procedura. In questo primo incontro il mediatore ha vieppiù il compito di verificare l’effettiva possibilità di un accordo e, qualora emerga l’impossibilità dello stesso, questa diverrà condizione sufficiente per la procedibilità dell’azione giudiziaria. In questo caso nessun compenso è dovuto all’organismo di mediazione (art. 17 n. 5-ter D.Lgs. 28/2010).
Questa sorta di gratuità, introdotta dall’art. 84, co. 1, lett. p), n. 2), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, risulta oltre modo capziosa: se da un lato, infatti, il legislatore vessa gli utenti della giustizia con continui aumenti dei costi (contributo unificato, marche da bollo, ecc.), dall’altro scarica sugli organismi di mediazione i costi relativi alla procedura di conciliazione – nella stragrande maggioranza dei casi obbligatoria – nell’ipotesi in cui risulti impossibile raggiungere un accordo.
Il procedimento di mediazione ha una durata massima stabilita dalla legge di tre mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire.
All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Come detto, al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. Il procedimento si svolge senza particolari formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo e il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia (art. 8. D.Lgs. 28/2010).
Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo è tenuto all’obbligo di riservatezza, anche nei confronti delle stesse parti, rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate (art. 9 D.Lgs. 28/2010).
Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità (art. 10 D.Lgs. 28/2010).
Se la mediazione riesce, l’accordo viene verbalizzato e sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti. Il verbale di conciliazione così sottoscritto avrà efficacia di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione per gli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, e ciò senza nessun ulteriore incombenza, considerato che i difensori delle parti ne certificano la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico.
In tutti gli altri casi (sono essenzialmente quelli relativi ad accordi raggiunti senza l’assistenza degli avvocati – mediazione facoltativa), l’efficacia di titolo esecutivo dell’accordo potrà essere ottenuta attraverso l’omologa del Presidente del tribunale competente.
Gli atti del procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, lo stesso verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro.
Da ricordare, infine, che quando la mediazione è condizione di procedibilità ex lege della domanda giudiziale (obbligatoria) ovvero quando la stessa è disposta dal giudice, le parti meno abbienti possono accedere gratuitamente al procedimento, nel caso sussistano le condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio nel giudizio in tribunale.
FONTE: http://studiocataldi.it