L’ordinanza 2775 depositata il 6 febbraio 2020 (presidente ed estensore Lombardo) emessa dalla Cassazione, respinge il ricorso con cui un avvocato ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Bologna.
La sentenza aveva dichiarato come fosse impossibile procedere con l’impugnazione, proposta per la mancata osservanza dell’ordine di mediazione.
La vicenda da cui scaturisce la sentenza, si basa sulla richiesta di un avvocato, che aveva prestato assistenza e consulenza a una società, del saldo di una parcella professionale.
La società da cui dipendeva il saldo era stata ammessa a procedura d’amministrazione straordinaria e l’avvocato chiedeva l’ammissione allo stato passivo del credito per compensi in privilegio e in chirografo.
Il deposito in ricorso in base all’articolo 101 della legge fallimentare, ulteriormente depositato dall’avvocato, si appigliava invece alla sentenza della Corte costituzionale 162/2001. Questa dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’articolo 54, comma 3, legge fallimentare, nella parte in cui non richiama l’articolo 2749 del Codice civile in materia d’estensione della prelazione anche agli interessi maturati sui crediti assistiti dal privilegio generale e speciale.
La contestazione
Il Tribunale di Bologna si è ritrovato con gli organi della procedura che contestavano la fondatezza della pretesa. Ciò nonostante, ha accolto la domanda e disposto l’ammissione in privilegio, in base all’articolo 2751-bis del Codice civile, degli interessi dovuti sul credito ammesso in origine.
Tuttavia, il Tribunale ne limitava la decorrenza in parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla procedura.
In seguito alla decisione del Tribunale, la Corte d’appello di Bologna dichiarava improcedibile il gravame per mancata ottemperanza all’ordinanza con cui veniva disposta la mediazione in prima apparizione. L’avvocato, che impugnava la sentenza di primo grado, lamentava la carenza nell’ordinanza con cui era stata disposta la mediazione di un idoneo invito, in quanto non erano riportati né il riferimento normativo, né l’indicazione del termine di 15 giorni necessari all’avvio del procedimento.
L’avvocato passava così al secondo motivo d’impugnazione, con cui contestava la possibilità della Corte d’appello di rilevare l’improcedibilità solo alla prima udienza o a quella verificatesi dopo l’invito alla mediazione, ma non in sentenza. La Cassazione ha respinto il ricorso, senza però fornire una motivazione specifica al riguardo; oltretutto rileva come la sentenza d’appello funge da prova che l’avvocato aveva sostenuto di non aver attivato il processo di mediazione. La mancata risposta all’obbligo di mediazione sarebbe dovuta all’indisponibilità della controparte a trattare.
Le conclusioni
La Cassazione ha ritenuto che l’omissione del riferimento normativo e del termine di 15 giorni per l’avvio del procedimento di mediazione rientrassero tra le irregolarità formali e non costituissero capo d’accusa per la parte in causa.
Il ricorso presentato è stato respinto con l’ordinanza 2775 depositata il 6 febbraio 2020, in quanto chiara dai documenti presentati l’intenzione di avviare la procedura di conciliazione.