Nel 2010, secondo uno studio effettuato dell’OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la durata media dei procedimenti civili in Italia era di circa 8 anni per i tre gradi di giudizio e il dato -assolutamente sconfortante- è stato confermato lo scorso anno dal Ministero della Giustizia, secondo il quale la durata media complessiva dei processi in Italia è di 8 anni e 7 mesi.
Ancora oggi, le classifiche internazionali pongono sistematicamente l’Italia negli ultimi posti al mondo per l’efficienza della giustizia e, in attesa di una riforma del processo civile, che si auspica avvenire in tempi brevi, al cittadino non rimane altro che tentare strade alternative ai procedimenti nelle Aule di Tribunali, facendo ricorso alle cosiddette “ADR”, acronimo di “Alternative Dispute Resolutions”, cioè a quelle “tecniche di risoluzione alternativa delle dispute”, che permettono la composizione delle controversie senza l’impiego della Giustizia ordinaria.
Il Legislatore, infatti, con il Decreto Legislativo 4 Marzo 2010 n. 28 (seguito dal Decreto Legge 21 Giugno 2013 n. 69), ha istituito la Mediazione in materia civile e commerciale, cioè un procedimento stragiudiziale di soluzione dei conflitti vertenti su diritti disponibili delle parti, annoverabile, senza dubbio alcuno, tra le più diffuse e convenienti tecniche di ADR.
I vantaggi per il ricorso alla Mediazione sono molteplici: innanzi tutto, la celerità nella definizione della controversia, la cui durata massima è pari a 3 mesi, poi il costo molto contenuto della procedura (si pensi che le spese di avvio ammontano soltanto ad €. 48,80 per le controversie fino ad €. 250.000,00), l’assoluta informalità del procedimento e la segretezza dello stesso, nonché il valore di titolo esecutivo -al pari delle sentenze- del verbale di conciliazione che si redige al termine del procedimento.
Gli incontri di mediazione (e non le udienze, come nei processi) sono svolti alla presenza di un Mediatore, cioè di un Professionista in possesso di adeguate competenze tecnico-giuridiche e con l’attitudine alla negoziazione, in grado di facilitare la comunicazione tra le parti e di accompagnarle verso una soluzione soddisfacente per entrambe. Il Mediatore, infatti, non emette alcuna sentenza, nè pronuncia giudizi o decisioni vincolanti, ma svolge la sua funzione agendo da terzo imparziale con l’obbligo di riservatezza e assistendo le parti nella ricerca di un accordo che ponga fine al contenzioso tra loro in essere.
Possono ricorrere alla procedura in oggetto sia i privati cittadini che le aziende e, di regola, gli incontri si svolgono presso gli Organismi di mediazione iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia.
Il procedimento di mediazione può essere facoltativo, cioè scelto dai contendenti che volontariamente decidono di tentare un percorso alternativo alle lungaggini, alle incertezze ed ai costi del processo civile, oppure obbligatorio (delegato o ex lege), quando per poter procedere giudizialmente, le parti debbono aver preventivamente esperito il relativo tentativo di mediazione. Ovviamente, è appena il caso di sottolinearlo, obbligatorio è soltanto il tentativo, non l’intesa delle parti, le quali, quindi, al termine degli incontri, saranno sempre libere di trovare un “accordo conciliativo” o adire gli Organi della Giurisdizione Ordinaria. La legge espressamente stabilisce che la mediazione è obbligatoria in materia di: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
In tutti i casi, la mediazione si introduce con una semplice istanza contenente le generalità della parte istante e di quella convocata, l’Organismo adito, il valore della controversia, l’esposizione succinta dell’oggetto e le ragioni della pretesa. A questo punto, lo stesso Organismo provvede alla nomina di un Mediatore e fissa un primo incontro cd. “di programmazione” -non oltre trenta giorni dal deposito della domanda- nel corso del quale le parti e i loro Avvocati si esprimeranno sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione vera e propria con la fase della “discussione”.
La normativa del 2013 incentiva la mediazione prevedendo, altresì, anche delle sanzioni per la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento: il Giudice, infatti, qualora la parte non abbia aderito alla procedura e non ne abbia fornito adeguata spiegazione, ne potrà desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ex art. 116, II comma, c.p.p., e condannare anche la parte costituita al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Inoltre, il Giudicante potrà anche valutare tale comportamento come violazione del dovere di lealtà e probità della parte e condannarla alle spese, anche qualora risultasse vincitrice nel giudizio, ai sensi dell’art. 92 del c.p.p. .
Infine, la legge prevede alcuni benefici fiscali per chi aderisce alla mediazione: tutti gli atti relativi alla mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro e, in caso di successo del procedimento, le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a un massimo di €. 500,00 per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all’Organismo di mediazione, mentre, in caso di insuccesso, il credito d’imposta è ridotto della metà.
Avvocato Silvia Salomè.