Il Tribunale di Monza, con sentenza del 10 febbraio 2016, affronta un’interessante questione riguar"> Il Tribunale di Monza, con sentenza del 10 febbraio 2016, affronta un’interessante questione riguar">

Spese di mediazione sempre a carico dell’attore quando il convenuto è contumace

Il Tribunale di Monza, con sentenza del 10 febbraio 2016, affronta un’interessante questione riguardante (tra le altre cose) anche le conseguenze derivanti dalla mancata ingiustificata partecipazione della controparte al procedimento di mediazione attivato dall’istante, escludendo che ciò possa implicare nel successivo giudizio di merito una condanna della stessa parte al pagamento delle spese di mediazione, non contemplate dall’art. 8 d.lgs. n. 28/2010.

IL CASO

Con l’atto introduttivo del giudizio, l’attore assumendo di vantare un credito nei confronti del Condominio convenuto per anticipazioni dallo stesso effettuate nel periodo in cui rivestiva la carica di amministratore del medesimo condominio, ha evocato in giudizio quest’ultimo chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di euro 4.595,74 ed al rimborso delle spese di mediazione.

Il condominio convenuto chiede il rigetto delle domande di controparte, eccependo, tra l’altro, la prescrizione presuntiva triennale, e svolgendo domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni assertivamente derivanti dall’irregolare gestione condominiale nel periodo considerato.

LA SOLUZIONE

Il Tribunale dopo avere disatteso l’eccezione sulla prescrizione presuntiva atteso che a norma dell’art. 2959 c.c. , l’eccezione è rigettata se chi oppone la prescrizione ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta, come nel caso dell’ammissione in giudizio della mancata estinzione dell’obbligazione, ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il debitore affermi di avere pagato il dovuto, ma in un ammontare inferiore all’importo preteso dal creditore, giacché le contestazioni sul quantum debeatur ridondano per la differenza sull’an debeatur e implicano, quindi, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza in essere del rapporto controverso esamina il merito della domanda attorea, giudicandola infondata.

Infatti dalla documentazione contabile risulta l’assoluta genericità della richiesta attorea, oltre alla circostanza che l’assemblea dei condomini non ha mai approvato la situazione contabile in questione e, nelle occasioni in cui tale situazione è stata portata alla sua attenzione, risulta aver addotto l’insufficienza della documentazione al fine di potere deliberare in proposito.

A giudizio del Tribunale tale genericità si ripercuote anche sulla valutazione della prova del credito, pervenendo al rigetto dell’istanza volta a provocare un’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.

A tal riguardo, il Tribunale si uniforma al principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il potere officioso del giudice di ordinare, ai sensi degli artt. 210 e 421 c.p.c., alla parte l’esibizione di documenti sufficientemente individuati, ha carattere discrezionale e, non potendo sopperire all’inerzia della parte nel dedurre mezzi di prova, può essere esercitato solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibilealiunde, non anche per fini meramente esplorativi. Il mancato esercizio da parte del giudice del relativo potere, anche se sollecitato, non è censurabile in sede di legittimità neppure se il giudice abbia omesso di motivare al riguardo (Cass., sez. lavoro, 24 marzo 2004, n. 5908; Cass., Sez. I, 8 settembre 1999, n. 9514).

Anche la domanda riconvenzionale viene rigettata, perché di carattere del tutto indeterminato, visto che nulla di specifico risulta essere stato allegato e provato dal condominio in ordine alla sussistenza di un danno dalla condotta tenuta dall’attore nel corso del mandato professionale, alla sua identificazione ed alla sua relativa quantificazione.

Infine il Tribunale rilevato che l’attore ha chiesto la condanna del Condominio evocato in giudizio al pagamento delle spese di mediazione, la rigetta, in quanto, premesso che nella specie, la mancata partecipazione del condominio convenuto al procedimento di mediazione non può essere ritenuta ingiustificata, alla luce dell’accertata infondatezza della stessa domanda attorea, comunque la mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo, a norma dell’art. 8, d.lgs. n. 28/2010, determina non già la condanna al pagamento delle spese di mediazione nei confronti della controparte, bensì la condanna al pagamento in favore dell’Erario di un importo corrispondente a quello del contributo unificato.

Le spese di avvio del procedimento di mediazione sono a carico di ciascuna parte che aderisce alla mediazione nella misura di legge (art. 16 D.M. 18 ottobre 2010, n. 180).

Le spese di mediazione invece sono dovute in solido da ciascuna parte, secondo l’importo indicato nella tabella allegata al decreto (art. 16, comma 3, D.M. n.180/2010 cit.).

Ciò premesso, secondo un precedente giurisprudenziale di merito, il convenuto che abbia partecipato alla mediazione va condannato al rimborso delle somme sostenute per espletamento della mediazione se sussiste la riconducibilità eziologica del procedimento di composizione della lite all’accertato inadempimento del convenuto, in forza del principio di causalità per cui le spese sostenute per l’obbligatoria mediazione in tale ipotesi sono recuperabili dal vincitore, in quanto considerate esborsi ex art. 91 c.p.c. (Trib. Modena 9 marzo 2012).

Infatti come sostenuto in dottrina – M.A. Lupoi, Rapporti tra procedimento di mediazione e processo civile, il rapporto tra mediazione e processo civile, d’altro canto, non si limita ad una relazione “cronologica”, necessaria ovvero facoltativa. Esso si traduce anche nel necessario coordinamento tra l’attività svolta avanti al mediatore e quella che ha luogo davanti al giudice, sotto una pluralità di profili.

Come efficacemente osservato in dottrina – M.A. Lupoi – la condotta della parte nel corso della mediazione si presta ad avere ricadute nel successivo processo in termini di spese di lite. In generale, la parte soccombente può essere condannata a rimborsare al vincitore anche le spese da questo sostenute per l’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, in quanto esborsi ai sensi e per gli effetti dell’art. 91 c.p.c.

Resta il fatto che nella fattispecie considerata, la pronuncia in esame è una prima applicazione giurisprudenziale sulla scorta di quanto enunciato dall’8, del d.lgs. n. 28/2010 e dall’art. 91 c.p.c., in tema di soccombenza reciproca nel giudizio civile successivo alla mediazione obbligatoria, alla quale, la parte convenuta non aveva partecipato.

Infatti l’unica sanzione per la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione stabilita dall’art. 8, d.lgs. n. 28/2010 cit. è rappresentata dalla condanna della parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5 dello stesso d.lgs. n. 28/2010, non abbia partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (Trib. Roma, 14 dicembre 2015).

Al riguardo va soltanto precisato che si tratta di una misura sanzionatoria come si evince dal fatto che il pagamento non viene ordinato in favore dell’attore ma in favore dello Stato. Quest’ultimo, che ha già incassato il contributo unificato da parte dell’attore, riscuote anche un’altra somma di pari importo. E proprio perché si tratta di una sanzione imposta dallo Stato e non di un rimborso all’attore delle spese per il contributo unificato, non vi è la necessità che la valutazione del giudice sull’imposizione di tale sanzione venga fatta in sede di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza. Pertanto, nulla esclude che anche prima della sentenza il giudice possa emettere la condanna in questione (Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, ord., 20 luglio 2012).

La suddetta disposizione normativa nulla afferma in ordine ad una possibilità di condannare al pagamento delle spese di mediazione la stessa parte che non abbia partecipato senza giustificato motivo al medesimo procedimento.

Il Tribunale ha quindi fatto applicazione analogica dell’orientamento di legittimità secondo cui il giudice di merito non può condannare il soccombente al pagamento delle spese di lite in favore della parte vincitrice ove quest’ultima sia rimasta contumace (Cass. 21 gennaio 2004, n. 904).

Ciò per una ragione molto semplice: presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è che la parte a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute, per lo svolgimento dell’attività difensiva derivante dalla sua partecipazione al giudizio. Ciò comporta che la parte vittoriosa non può richiedere, né il giudice può attribuire, il rimborso di spese non erogate laddove concernenti una fase processuale in cui essa era rimasta contumace.

Nello stesso senso si è quindi affermato che poiché la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., si fonda sull’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che abbia dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, essa non può essere pronunciata in favore del contumace vittorioso, che non ha espletato alcuna attività processuale, per cui abbia sopportato spese delle quali debba essere rimborsato (Cass., sez. lav., 13 giugno 2014, n. 13491).

Aggiungasi che sempre in applicazione delle norme in tema di soccombenza al pagamento delle spese di lite – che non possono mai gravare sulla parte totalmente vittoriosa – si è ritenuta conforme a diritto la compensazione fondata sul comportamento processuale per nulla ostile e defatigatorio della controparte ().

In buona sostanza, così come l’attore che abbia visto rigettare la propria domanda giudiziale non può incorrere nel pagamento delle spese di lite a favore del convenuto rimasto contumace nello stesso giudizio allo stesso modo, l’attore – a prescindere da quanto espressamente sancito dall’art. 8 del d.lgs. n.28/2010 – non avrebbe potuto vedersi accogliere la domanda di condanna del convenuto che non ha preso parte al procedimento di mediazione al pagamento delle spese di mediazione tenuto altresì conto del rigetto della stessa domanda attorea.

Ciò trova conferma nell’orientamento secondo cui mai comunque si può condannare chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio, perché nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, deve rilevarsi che la modifica normativa rende possibile una condanna solo nei confronti della parte costituita, poiché altrimenti si sarebbe introdotta una sanzione indiretta della contumacia a forte rischio di incostituzionalità (Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, ord., 20 luglio 2012, cit.).

Ragioni di completezza nell’analisi della pronuncia in esame, inducono a considerare l’estraneità – rispetto alla presente fattispecie – del disposto desumibile dall’art. 13 del d.lgs. n. 28/2010 laddove ai commi 1 e 2 prevede la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente anche per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’art.dello stesso d.lgs. n. 28/2010, art. 8, comma 4.

ESITO DELLA DOMANDA:

Rigetto.

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Non constano precedenti giurisprudenziali editi nei medesimi termini.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO:

D.lgs. 4 marzo 2010, n.28, art.8.; art. 91 c.p.c.

Fonte: http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2016/04/07/spese-di-mediazione-sempre-a-carico-dell-attore-quando-il-convenuto-e-contumace

4430 Totale visite 8 Visite oggi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *