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L’onere di attivare il procedimento di mediazione grava sull’opposto – attore sostanziale

Giulia Mammoliti 0

Nel procedimento d’ingiunzione riguardante materie per le quali la mediazione è obbligatoria, come i contratti bancari, dopo che l’opponente (”convenuto sostanziale”) ha proposto opposizione e dopo che sono state emesse le ordinanze ex artt. 648, 649 cod. proc. civ., l’onere d’iniziare la mediazione grava sull’opposto (”attore sostanziale”), a pena d’improcedibilità della (sua) domanda, introdotta col deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Firenze affronta la questione, piuttosto delicata ed alquanto dibattuta, di quale sia la parte su cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava l’onere di esperire il tentativo di conciliazione, ove lo stesso sia previsto come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Nel caso di specie, un Istituto bancario aveva ottenuto decreto monitorio provvisoriamente esecutivo nei confronti di una società sua debitrice, nonché di altri soggetti in qualità di fideiussori, in forza della garanzia prestata in relazione ad alcune operazioni bancarie.

Il decreto ingiuntivo veniva ritualmente opposto dai garanti, i quali chiedevano che ne fosse preliminarmente sospesa l’efficacia esecutiva, in ragione dell’applicazione di tassi d’interesse superiori alla soglia stabilita nel contratto di apertura di credito, nonché in quanto emesso in forza di documenti che non integrerebbero i requisiti della prova scritta, di cui all’art. 633 c.p.c.

Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Firenze riteneva infondate le argomentazioni degli opponenti e confermava l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo.

Rilevava, tuttavia, il difetto di preventivo esperimento della procedura di mediazione, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs n. 28/2010 e ss.ii, che, vertendo la controversia in materia di contratti bancari, costituiva condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Era, pertanto, necessario fissare un termine entro cui “la parte interessata” fosse onerata di introdurre il predetto procedimento conciliativo, pena l’improcedibilità della domanda giudiziale, dovendosi, però, preventivamente sciogliere il nodo interpretativo relativo a chi, tra opponente ed opposto, fosse gravato da tale onere.

La predetta incertezza interpretativa deriva dalla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale, com’è noto, si ha l‘inversione dei ruoli formali delle parti rispetto alle reciproche posizioni sostanziali, in quanto l’opponente è al contempo ”convenuto sostanziale” ed ”attore formale”, viceversa l’opposto è ‘‘attore sostanziale” e ”convenuto formale”.

Né, tantomeno, l’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 offre spunti interpretativi idonei alla individuazione della parte gravata dell’onere di esperire la procedura mediativa.

La predetta norma, infatti, prevedeva nella sua originaria formulazione che “chi intende proporre in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate”.

Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza 6 dicembre 2012 n. 272, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto comma in ragione della previsione di obbligatorietà del tentativo di mediazione, previsto quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in relazione a determinate tipologie di controversie.

Tuttavia, la medesima disposizione normativa, seppur con lievi e non significative modificazioni, è stata reintrodotta dall’art. 84 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (il c.d. «decreto del fare», convertito con modificazioni nella l. 9 agosto 2013 n. 98) al comma 1-bis dell’art. 5, d.lgs. n. 28/2010, di fatto ripristinando l’obbligo di preventivo esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilità per alcune tipologie di domande giudiziali.

La norma, a ben vedere, non prende in considerazione il peculiare procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, limitandosi a stabilire che la condizione di procedibilità non si applica ai procedimenti d’ingiunzione, né al relativo giudizio di opposizione sino alla pronuncia dei provvedimenti relativi alla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.

La medesima disposizione stabilisce, inoltre, che “l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza” e che nel caso in cui (per ciò che interessa in questa sede) il giudice rilevi il mancato esperimento della procedura conciliativa, deve assegnare “alle parti” il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

E’ ben comprensibile, dunque, la difficoltà incontrata negli ultimi anni dalla giurisprudenza di merito, nonché dallo stesso Tribunale di Firenze con la pronuncia in epigrafe, nell’individuazione della parte su cui gravi effettivamente l’onere di introdurre la domanda di mediazione.

Il Giudice fiorentino, con la pronuncia in nota, entra in frontale contrasto con quanto recentemente stabilito dalla Suprema Corte con sentenza 3 dicembre 2015, n. 24629, secondo cui «l’onere di esperire il tentativo di mediazione di cui all’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 grava sulla parte che ha interesse al processo e ad introdurre il giudizio di merito, parte che, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, è individuabile nell’opponente».

Secondo il Tribunale di Firenze, l’iter motivazionale che ha condotto alla predetta statuizione non meriterebbe condivisione in ragione della marcata accentuazione della funzione deflattiva del decreto ingiuntivo, considerata maggiormente meritevole e, dunque, preferibile, rispetto alla osteggiata posizione dell’opponente, che con la sua azione intende precludere la via breve per percorrere la via lunga.

Diversamente, sostiene il Tribunale Toscano con argomentazioni senza dubbio condivisibili, il ricorrente in via monitoria non sceglie una linea deflattiva, ma persegue un interesse personale ad ottenere quanto prima un titolo esecutivo; al contrario, il debitore opponente non intende precludere la via breve per percorrere la via lunga, ma deve ritenersi che eserciti legittimamente il diritto inviolabile alla difesa in giudizio, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.).

Conclude, quindi il Tribunale, che soltanto l’opposto, «ossia l”’attore sostanziale”, che è poi il (solo) titolare dell’interesse ad agire, ha l’onere di avviare la mediazione, pena, in caso d’inerzia, la declaratoria d’improcedibilità della domanda che, per la particolarità del procedimento d’ingiunzione, comporta la revoca del titolo monitorio».

Nel giungere a tali conclusioni, il Tribunale di Firenze, tuttavia, omette di specificare che la Suprema Corte, con la predetta decisione n. 24629/2015, ha sancito il contrario principio secondo cui «è, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.».

Si tenga conto, del resto, che l’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 impone al giudice, che abbia rilevato il mancato esperimento del tentativo di mediazione, di assegnare “alle parti” il termine per l’introduzione della procedura conciliativa; di qui la necessità di individuare non tanto la parte “onerata” dell’incombente, quanto quella “interessata” all’avveramento della condizione di procedibilità.

Ed allora, se la declaratoria di improcedibilità del giudizio di opposizione non comporta, secondo il Supremo Collegio, la caducazione del decreto monitorio, bensì il consolidamento dei suoi effetti, non si vede come l’interesse a proporre la domanda di mediazione possa essere ricondotto in capo al soggetto destinatario dei predetti effetti, che verrebbero rimossi, rectius resi provvisori o sospesi, una volta proposta la domanda di mediazione.

L’inidoneità della decisione in nota al superamento del dictum della Suprema Corte trova ulteriore conferma laddove, errando nell’interpretazione della parte motiva della sentenza di legittimità, il Giudice fiorentino sostiene che con essa si contempla la necessità dell’avvio del procedimento di mediazione, da parte del debitore ingiunto, prima che egli proponga opposizione, nonché una conseguente declaratoria di procedibilità dell’opposizione.

In realtà, affermando che «soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale», la Suprema Corte si riferiva al positivo accertamento, da parte del giudice di merito, della sussistenza del presupposto di procedibilità della domanda giudiziale, che deve necessariamente avvenire alla prima udienza di merito. Verificato l’espletamento della procedura mediativa, il procedimento di opposizione potrà proseguire e da quel momento in poi (e non prima, secondo il Supremo Collegio) riprenderanno le normali posizioni delle parti.

Nella fase precedente, compresa fra la notifica del decreto all’ingiunto e l’implicita declaratoria di procedibilità della domanda di opposizione in sede di prima udienza di merito, «sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile», secondo la decisione di legittimità.

La Suprema Corte, peraltro, non pare affrontare il tema del momento in cui la domanda di mediazione dev’essere proposta, né può trarre in inganno l’affermazione secondo cui «è dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.», con ciò non intendendosi che la domanda di mediazione “paralizza” gli effetti del decreto ingiuntivo al pari dell’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.

In realtà, il fondamento della predetta affermazione va rintracciato direttamente nella normativa fissata dall’art. 5, d.lgs. n. 28/2010, laddove si prevede da un lato che la condizione di procedibilità non opera nel giudizio di opposizione, sino alla pronuncia dei provvedimenti sulla provvisoria esecuzione; dall’altro, che l’improcedibilità dev’essere eccepita o rilevata entro la prima udienza ed il giudice, emanati i provvedimenti ex artt. 648 e 649 c.p.c. e rilevata la mancata attivazione della mediazione, deve fissare alle parti il termine per l’introduzione della domanda di mediazione.

Pertanto, introdotto il giudizio di opposizione nei termini di legge, la definitiva efficacia del decreto ingiuntivo è differita all’esito del giudizio stesso, sempre che, nelle more e sino allo spirare del termine di quindici giorni fissato dal giudice, l’opponente introduca ritualmente la domanda di mediazione, dovendosi diversamente dichiarare l’improcedibilità della domanda di opposizione, con conseguente consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo.

In conclusione la decisione in nota, seppur apprezzabile nel tentativo di salvaguardare la posizione processuale dell’opponente, già destinatario di una pretesa economica, altresì dall’imposizione di un onere processuale a pena di definitivo consolidamento di effetti negativi nei suoi confronti, incontra un insormontabile ostacolo nel diritto vivente professato dalla Giurisprudenza di legittimità, fondato, peraltro, sui dati positivi emergenti dall’ordinamento stesso

Va rammentato, infatti, che lo stesso art. 5, d.lgs. n. 28/2010 impone al giudice di fissare “alle parti” un termine per l’introduzione della domanda di mediazione, con ciò ravvisandosi già un profilo di censura dell’ordinanza in commento, laddove si onera la parte opposta di avviare la procedura di conciliazione.

Inoltre, per giurisprudenza costante ed in forza delle disposizioni del codice di rito (più segnatamente dell’art. 653 c.p.c.), pronunciata l’estinzione del giudizio di opposizione, che consegue anche alla declaratoria di improcedibilità della domanda per mancata attivazione della procedura di mediazione, il decreto ingiuntivo opposto diviene definitivo e acquista l’incontrovertibilità tipica del giudicato; ciò che accade anche in caso di tardiva costituzione in giudizio dell’opponente, che secondo Cass., Sez. Un., 9 settembre 2010 n. 19246, comporta l’improcedibilità dell’opposizione con passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.

Da ultimo, come correttamente sostenuto da alcuni esponenti in dottrina, non va trascurato che ove il mancato avveramento della condizione di procedibilità comportasse la caducazione degli effetti del decreto ingiuntivo, il creditore potrebbe validamente reiterare la domanda giudiziale monitoria ed in tal modo la mediazione finirebbe per svolgere la funzione opposta a quella deflattiva del contenzioso alla quale è, nel disegno del legislatore, preordinata.

Senza contare che, per effetto di una pronuncia in mero rito, si dovrebbe ammettere l’annullabilità dell’attività giurisdizionale già validamente compiuta in sede monitoria.

Pertanto, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Firenze, soltanto dopo che la domanda risulti obiettivamente (e non per forza dichiaratamente) procedibile, poiché la condizione risulta avverata ai sensi del comma 2-bis del d.lgs. n. 28/2010, «riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale», gravando sull’opponente l’onere, rectius interesse, alla proposizione della domanda di mediazione finalizzata al superamento del vaglio di procedibilità.

Fonte: http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2016/02/18/l-onere-di-attivare-il-procedimento-di-mediazione-grava-sull-opposto-attore-sostanziale

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