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Il mediatore verbalizza il rifiuto

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Il mediatore non è un collaboratore del giudice né un suo ausiliario. Tuttavia, in ragione dello stretto collegamento tra mediazione e processo, il mediatore «deve trascrivere ogni circostanza – quand’anche consistente in dichiarazioni delle parti – utile a consentire (al giudice) le valutazioni di competenza, altrimenti impossibili, attinenti alla partecipazione (o meno) delle parti al procedimento di mediazione ed allo svolgimento dello stesso, come pure le circostanze che attengono al primo incontro informativo».

Sono le conclusioni cui perviene il Tribunale di Roma (estensore Moriconi) con un’ordinanza del 25 gennaio scorso le cui motivazioni sono volte a mettere in chiaro taluni aspetti problematici della verbalizzazione del primo incontro di mediazione e, in particolare, della sua fase introduttiva che prelude e si conclude con la mancata prosecuzione del procedimento. La controversia sottoposta alla decisione del giudice capitolino nasce da una richiesta di risarcimento del danno cagionato nel corso di un trattamento estetico in esito alla quale, dopo una breve istruttoria, era stata motivatamente disposta la mediazione. Al primo incontro di mediazione entrambe le parti partecipavano personalmente con l’assistenza dei rispettivi avvocati.

Tuttavia, il mediatore che aveva invitato le parti ad esprimersi «sull’interesse a proseguire nella procedura di mediazione» registrava a verbale l’esito negativo del primo incontro in quanto a differenza della parte attrice, la convenuta non aveva manifestato il suo assenso all’avvio della mediazione vera e propria. Il Tribunale dopo aver precisato come la «fatidica domanda» che il mediatore deve porre dopo l’informativa per verificare la proseguibilità della procedura debba essere volta a verificarne la «possibilità» e non l’interesse, risolve taluni dubbi interpretativi sulla verbalizzazione del primo incontro.

In primo luogo, i limiti normativi posti a tutela della riservatezza non valgono – per espressa disposizione di legge – «contro la volontà della parte dichiarante». Inoltre, la garanzia della riservatezza attiene «al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione, vale a dire al merito della lite». Per cui tutte le volte in cui le dichiarazioni delle parti attengono a circostanze relative «alle modalità di partecipazione delle parti alla mediazione e allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, va predicata la assoluta liceità della verbalizzazione e dell’utilizzo da parte di chicchessia».  La verbalizzazione appare necessaria per consentire al giudice di conoscere il contenuto della condotta delle parti sia per la declaratoria di improcedibilità sia per le sanzioni e per l’eventuale condanna risarcitoria per responsabilità processuale aggravata. Per assicurare la verifica della effettività della mediazione oltre alla risposta alla domanda del mediatore sulla prosecuzione sarà «necessario e doveroso che venga verbalizzata la ragione del rifiuto a proseguire nella mediazione vera e propria»; ma ciò «sempre che la parte dichiarante la esponga e chieda la relativa verbalizzazione».

Il mediatore, dunque, se da un lato, non è tenuto a richiedere la ragione della mancata prosecuzione, dall’altro, non potrà esimersi dalla relativa verbalizzazione ove richiesta dall’avente diritto, posto che ciascuna parte può esonerare il mediatore dall’obbligo di riservatezza in relazione alle sue dichiarazioni.

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