REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Mantova Seconda Civile
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Mantova Seconda Civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marco Benatti ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
sentenza
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. promossa da:
R. C.
R. C.
contro
Banca
conclusioni
Le parti hanno concluso come da verbale.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
La banca convenuta (M.) ottenne decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 773/15 in data 30/4/15 per l’importo di € 240.000,00 nei confronti di F. P. e R. C.. Rappresentò a tal fine di essere creditrice di una somma di oltre un milione d’euro nei confronti della società S. M. srl, nel frattempo fallita, e nei confronti dei fideiussori come sopra indicati, che avevano rilasciato garanzia sino a € 1.500.000,00 (doc. 4).
Rappresentò altresì come i beni immobili residui dei garanti fossero gravati da ipoteche pregiudizievoli che rendevano difficile il recupero della somma con conseguente scelta di ridurre la pretesa alla somma suindicata. Formulò opposizione ex art. 645 cpc la sola C. sostenendo di avere prestata la fidejussione solo per evitare conseguenze negative alla società dovendo la stessa far fronte a pagamenti ingenti e urgenti. Poiché le difficoltà finanziarie della società dovevano ritenersi note alla B. A. Mantovana, poi confluita nella convenuta, doveva ritenersi provato che la banca avesse concesso il credito alla fallita nonostante il peggioramento delle sue condizioni.
Ciò consentirebbe all’attrice di chiedere: 1) “annullamento della fidejussione per violenza morale”; 2) La nullità delle fidejussioni per nullità del contratto di finanziamento che ha originato il credito garantito. Tale invalidità deriverebbe, ex art. 1343 cc, per “concessione abusiva del credito” conseguente all’avere fatto credito a un’impresa insolvente e a “gravissimi illeciti a carico dei responsabili dell’istituto”, come sarebbe sancito da Cass. n. 7030/06; 3) Nullità della pattuizione d’interessi usurari; 4) Liberazione del fideiussore ex art. 1956 cc 5) carenza di “legittimazione” del fideiussore, in quanto era necessaria la previa escussione del debitore principale; 6) carenza di prova mancando gli estratti conto storici.
Chiese quindi in via preliminare la sospensione ex art. 649 cpc e, nel merito, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Si costituì M. contestando i ritenuti vizi del consenso, evidenziando come la banca avesse effettivamente condizionato il finanziamento al rilascio delle garanzie personali essendo il P. e la C. soci e amministratori della società garantita. Contestò altresì le altre censure rappresentando comunque come, a fronte dell’enormità del credito dell’ingiungente, qualsivoglia nullità che investisse anche l’intero contratto non arriverebbe mai a ridurre il credito, anche per le sole restituzioni, al di sotto di quanto ingiunto.
Chiese quindi la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Con ordinanza all’udienza 22/12/2015 questo giudice respinse l’istanza ex art. 649 cpc invitando le parti alla mediazione e, visto l’esito negativo della stessa, con ordinanza all’udienza 17/1/17 respinse le istanze di prova orale formulate da parte attrice fissando l’udienza odierna per la discussione orale. All’esito del procedimento l’opposizione va respinta perché infondata e pretestuosa. Il ravvisare una violenza morale nel fatto di pretendere garanzie per la concessione di un finanziamento è snaturare il concetto stesso di violenza morale, posto che requisito indispensabile per la sua configurazione è l’esistenza di un male ingiusto e notevole ex art. 1435 cc.
Il fatto che al momento della richiesta vi fossero urgenti necessità finanziarie non ha alcun rilievo sul punto potendo in ipotesi estreme concretizzare un rimedio rescissorio qui neppure prospettato non risultando né uno stato di bisogno, nel senso di cui all’art. 1447 cc, né l’iniquità delle condizioni ex artt. 1447 e 1448 cc. Tali considerazioni travolgono in sé anche quelle relative a una presunta concessione abusiva del credito, non comprendendosi come possa ritenersi tale l’accogliere richieste effettuate dagli stessi fideiussori in qualità di soci e amministratori della società debitrice, né comprendendosi quale affidamento e in chi sarebbe stato generato dalla concessione del credito.
La situazione richiamata da parte attrice “1” non ha infatti nulla a che vedere con la presente e la parte non ha provato né chiesto di provare che il finanziamento offerto avrebbe “artificiosamente” prolungato la vita della società e che ciò sarebbe di per sé fonte di danno risarcibile, avendo anzi chiesto, al contrario, di provare di essere stati costretti a garantire personalmente il finanziamento per consentire alla propria società di superare una “crisi di liquidità “, fatto che come si è detto è pacifico. “1” Sez. U, Sentenza n. 7030 del 28/03/2006 (Rv. 590936 – 01) in materia di azione risarcitoria formulata da un fallimento verso una banca per avere con il proprio credito mantenuto artificialmente in vita una società.
Quanto alla presunta pattuizione d’interessi usurari, censura peraltro formulata in modo del tutto generico, la parte non ha in alcun modo prodotto i DM di fissazione della soglia usuraria che in base a costante giurisprudenza “2”, anche di questo tribunale, non costituiscono fonti del diritto e non appartengono alla c.d. scienza ufficiale del giudice ex art. 113 cpc. Ne deriva che ogni censura in tal senso risulta infondata. In ogni caso, anche ove ipoteticamente vi fosse stata una pattuizione usuraria, la depurazione del finanziamento da ogni forma d’interessi ridurrebbe il credito garantito a una cifra comunque enormemente superiore a quella ingiunta, che ammonta a meno di V4 del credito, con la conseguenza che, in questo come in tutti gli altri casi, l’ipotizzata nullità nessuna rilevanza avrebbe sulla conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Cassazione Sez. Un. Civili 29 aprile 2009 n. 9941 Sez. L, Sentenza n. 15065 del 02/07/2014 (Rv. 631597) Trib. Mantova 1 dicembre 2009, 25 giugno 2015; Trib. Pistoia 2/7/15; Trib. Ravenna 29/5/2012, n. 9941 Tribunale Rimini 24 luglio 2015, Trib Santa Maria Capua Vetere 11/5/15; Trib. Napoli 27/1/16; Trib. Roma 26/3/15; Tribunale di Cremona, n. 19 del 16/1/17
Del tutto infondata è altresì l’eccezione ex art 1956 cc posto che la norma è posta in tema di obbligazione futura. Dal doc. 4 allegato al ricorso per decreto ingiuntivo emerge come la fideiussione sia stata rilasciata il 13/4/2007 e corredata da una dichiarazione ove viene dichiarata la pesante situazione debitoria della società vero la banca soprattutto in conseguenza del mutuo ipotecario il cui residuo è oggetto del decreto ingiuntivo opposto. Ne deriva che non vi è alcuna obbligazione futura poiché ciò di cui è chiesta garanzia preesiste alla fideiussione. A ciò si aggiunga come i garanti fossero gli amministratori della società e che per ciò solo sia improbabile che una eventuale e non provata ulteriore concessione di credito alla stessa avvenisse senza il loro concorso o a loro insaputa. Analogamente infondata è poi la pretesa di configurare una specie di beneficio d’escussione che graverebbe sulla banca in relazione alle pretese asseritamente assistite da privilegio nei confronti del fallimento. Il contratto di fideiussione non prevede nulla in tal senso ma, al contrario, che i garanti siano tenuti all’integrale pagamento anche a prescindere da qualsiasi garanzia reale (doc. 2). Totalmente infondata è infine la pretesa di ravvisare una carenza probatoria per mancanza degli “estratti conto storici”.
Non è peraltro del tutto chiaro a cosa si riferisca l’attrice, posto che: – si agisce sulla base di un mutuo ipotecario e non di un conto corrente; – la concessione dello stesso è provata documentalmente (doc. 2); – l’attrice si è ben guardata dal provare o chiedere di provare che la società debitrice abbia pagato, anche parzialmente purché riducendo il credito al di sotto della somma ingiunta, le somme richieste in estinzione del debito; – la totale infondatezza delle censure attoree concreta la pacificità del residuo credito. La domanda va quindi integralmente respinta restando assorbito ogni ulteriore profilo, anche istruttorio. La liquidazione delle spese, che seguono la soccombenza, va effettuata come segue in base al DM 10 marzo 2014 n. 55. Va liquidata anche una somma per fase istruttoria atteso che, ai sensi dell’art. 4/5 lett. c) del citato DM, la stessa è dovuta per il solo deposito di memorie istruttorie e indipendentemente dall’effettuazione di un’istruttoria orale. La media complessità della causa consente una liquidazione in misura media rispetto allo scaglione di valore.
Quanto alla mancata partecipazione della banca alla procedura di mediazione, la stessa ha giustificato l’assenza sulla base della comunicazione 11/2/20163 che spiega la mancata conciliazione al fatto che, in un atto non meglio precisato, vi sarebbe un limitato richiamo al contenuto del procedimento pendente palesandosi così una mancata volontà conciliativa da parte della C.. Poiché il verbale di mediazione – che era stato esibito dal procuratore attoreo all’udienza 10 maggio 2016 con riserva di depositarlo telematicamente “appena possibile” – non è mai stato depositato telematicamente, non si può conoscere la valutazione in esso operata e quindi non può verificarsi se il rifiuto di partecipare alla mediazione possa ritenersi ingiustificato. Non va quindi irrogata alla convenuta la sanzione ex art. 8 comma IV bis del d. lgs. 28/10, così come introdotto dall’art. 84 comma I lett. h) del DL 21 giugno 2013 n. 69 convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98 Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale (…..)
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
La banca convenuta (M.) ottenne decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 773/15 in data 30/4/15 per l’importo di € 240.000,00 nei confronti di F. P. e R. C.. Rappresentò a tal fine di essere creditrice di una somma di oltre un milione d’euro nei confronti della società S. M. srl, nel frattempo fallita, e nei confronti dei fideiussori come sopra indicati, che avevano rilasciato garanzia sino a € 1.500.000,00 (doc. 4).
Rappresentò altresì come i beni immobili residui dei garanti fossero gravati da ipoteche pregiudizievoli che rendevano difficile il recupero della somma con conseguente scelta di ridurre la pretesa alla somma suindicata. Formulò opposizione ex art. 645 cpc la sola C. sostenendo di avere prestata la fidejussione solo per evitare conseguenze negative alla società dovendo la stessa far fronte a pagamenti ingenti e urgenti. Poiché le difficoltà finanziarie della società dovevano ritenersi note alla B. A. Mantovana, poi confluita nella convenuta, doveva ritenersi provato che la banca avesse concesso il credito alla fallita nonostante il peggioramento delle sue condizioni.
Ciò consentirebbe all’attrice di chiedere: 1) “annullamento della fidejussione per violenza morale”; 2) La nullità delle fidejussioni per nullità del contratto di finanziamento che ha originato il credito garantito. Tale invalidità deriverebbe, ex art. 1343 cc, per “concessione abusiva del credito” conseguente all’avere fatto credito a un’impresa insolvente e a “gravissimi illeciti a carico dei responsabili dell’istituto”, come sarebbe sancito da Cass. n. 7030/06; 3) Nullità della pattuizione d’interessi usurari; 4) Liberazione del fideiussore ex art. 1956 cc 5) carenza di “legittimazione” del fideiussore, in quanto era necessaria la previa escussione del debitore principale; 6) carenza di prova mancando gli estratti conto storici.
Chiese quindi in via preliminare la sospensione ex art. 649 cpc e, nel merito, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Si costituì M. contestando i ritenuti vizi del consenso, evidenziando come la banca avesse effettivamente condizionato il finanziamento al rilascio delle garanzie personali essendo il P. e la C. soci e amministratori della società garantita. Contestò altresì le altre censure rappresentando comunque come, a fronte dell’enormità del credito dell’ingiungente, qualsivoglia nullità che investisse anche l’intero contratto non arriverebbe mai a ridurre il credito, anche per le sole restituzioni, al di sotto di quanto ingiunto.
Chiese quindi la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Con ordinanza all’udienza 22/12/2015 questo giudice respinse l’istanza ex art. 649 cpc invitando le parti alla mediazione e, visto l’esito negativo della stessa, con ordinanza all’udienza 17/1/17 respinse le istanze di prova orale formulate da parte attrice fissando l’udienza odierna per la discussione orale. All’esito del procedimento l’opposizione va respinta perché infondata e pretestuosa. Il ravvisare una violenza morale nel fatto di pretendere garanzie per la concessione di un finanziamento è snaturare il concetto stesso di violenza morale, posto che requisito indispensabile per la sua configurazione è l’esistenza di un male ingiusto e notevole ex art. 1435 cc.
Il fatto che al momento della richiesta vi fossero urgenti necessità finanziarie non ha alcun rilievo sul punto potendo in ipotesi estreme concretizzare un rimedio rescissorio qui neppure prospettato non risultando né uno stato di bisogno, nel senso di cui all’art. 1447 cc, né l’iniquità delle condizioni ex artt. 1447 e 1448 cc. Tali considerazioni travolgono in sé anche quelle relative a una presunta concessione abusiva del credito, non comprendendosi come possa ritenersi tale l’accogliere richieste effettuate dagli stessi fideiussori in qualità di soci e amministratori della società debitrice, né comprendendosi quale affidamento e in chi sarebbe stato generato dalla concessione del credito.
La situazione richiamata da parte attrice “1” non ha infatti nulla a che vedere con la presente e la parte non ha provato né chiesto di provare che il finanziamento offerto avrebbe “artificiosamente” prolungato la vita della società e che ciò sarebbe di per sé fonte di danno risarcibile, avendo anzi chiesto, al contrario, di provare di essere stati costretti a garantire personalmente il finanziamento per consentire alla propria società di superare una “crisi di liquidità “, fatto che come si è detto è pacifico. “1” Sez. U, Sentenza n. 7030 del 28/03/2006 (Rv. 590936 – 01) in materia di azione risarcitoria formulata da un fallimento verso una banca per avere con il proprio credito mantenuto artificialmente in vita una società.
Quanto alla presunta pattuizione d’interessi usurari, censura peraltro formulata in modo del tutto generico, la parte non ha in alcun modo prodotto i DM di fissazione della soglia usuraria che in base a costante giurisprudenza “2”, anche di questo tribunale, non costituiscono fonti del diritto e non appartengono alla c.d. scienza ufficiale del giudice ex art. 113 cpc. Ne deriva che ogni censura in tal senso risulta infondata. In ogni caso, anche ove ipoteticamente vi fosse stata una pattuizione usuraria, la depurazione del finanziamento da ogni forma d’interessi ridurrebbe il credito garantito a una cifra comunque enormemente superiore a quella ingiunta, che ammonta a meno di V4 del credito, con la conseguenza che, in questo come in tutti gli altri casi, l’ipotizzata nullità nessuna rilevanza avrebbe sulla conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Cassazione Sez. Un. Civili 29 aprile 2009 n. 9941 Sez. L, Sentenza n. 15065 del 02/07/2014 (Rv. 631597) Trib. Mantova 1 dicembre 2009, 25 giugno 2015; Trib. Pistoia 2/7/15; Trib. Ravenna 29/5/2012, n. 9941 Tribunale Rimini 24 luglio 2015, Trib Santa Maria Capua Vetere 11/5/15; Trib. Napoli 27/1/16; Trib. Roma 26/3/15; Tribunale di Cremona, n. 19 del 16/1/17
Del tutto infondata è altresì l’eccezione ex art 1956 cc posto che la norma è posta in tema di obbligazione futura. Dal doc. 4 allegato al ricorso per decreto ingiuntivo emerge come la fideiussione sia stata rilasciata il 13/4/2007 e corredata da una dichiarazione ove viene dichiarata la pesante situazione debitoria della società vero la banca soprattutto in conseguenza del mutuo ipotecario il cui residuo è oggetto del decreto ingiuntivo opposto. Ne deriva che non vi è alcuna obbligazione futura poiché ciò di cui è chiesta garanzia preesiste alla fideiussione. A ciò si aggiunga come i garanti fossero gli amministratori della società e che per ciò solo sia improbabile che una eventuale e non provata ulteriore concessione di credito alla stessa avvenisse senza il loro concorso o a loro insaputa. Analogamente infondata è poi la pretesa di configurare una specie di beneficio d’escussione che graverebbe sulla banca in relazione alle pretese asseritamente assistite da privilegio nei confronti del fallimento. Il contratto di fideiussione non prevede nulla in tal senso ma, al contrario, che i garanti siano tenuti all’integrale pagamento anche a prescindere da qualsiasi garanzia reale (doc. 2). Totalmente infondata è infine la pretesa di ravvisare una carenza probatoria per mancanza degli “estratti conto storici”.
Non è peraltro del tutto chiaro a cosa si riferisca l’attrice, posto che: – si agisce sulla base di un mutuo ipotecario e non di un conto corrente; – la concessione dello stesso è provata documentalmente (doc. 2); – l’attrice si è ben guardata dal provare o chiedere di provare che la società debitrice abbia pagato, anche parzialmente purché riducendo il credito al di sotto della somma ingiunta, le somme richieste in estinzione del debito; – la totale infondatezza delle censure attoree concreta la pacificità del residuo credito. La domanda va quindi integralmente respinta restando assorbito ogni ulteriore profilo, anche istruttorio. La liquidazione delle spese, che seguono la soccombenza, va effettuata come segue in base al DM 10 marzo 2014 n. 55. Va liquidata anche una somma per fase istruttoria atteso che, ai sensi dell’art. 4/5 lett. c) del citato DM, la stessa è dovuta per il solo deposito di memorie istruttorie e indipendentemente dall’effettuazione di un’istruttoria orale. La media complessità della causa consente una liquidazione in misura media rispetto allo scaglione di valore.
Quanto alla mancata partecipazione della banca alla procedura di mediazione, la stessa ha giustificato l’assenza sulla base della comunicazione 11/2/20163 che spiega la mancata conciliazione al fatto che, in un atto non meglio precisato, vi sarebbe un limitato richiamo al contenuto del procedimento pendente palesandosi così una mancata volontà conciliativa da parte della C.. Poiché il verbale di mediazione – che era stato esibito dal procuratore attoreo all’udienza 10 maggio 2016 con riserva di depositarlo telematicamente “appena possibile” – non è mai stato depositato telematicamente, non si può conoscere la valutazione in esso operata e quindi non può verificarsi se il rifiuto di partecipare alla mediazione possa ritenersi ingiustificato. Non va quindi irrogata alla convenuta la sanzione ex art. 8 comma IV bis del d. lgs. 28/10, così come introdotto dall’art. 84 comma I lett. h) del DL 21 giugno 2013 n. 69 convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98 Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale (…..)
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: 1. respinge le domande attoree e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto, già dichiarato esecutivo ex art. 642 cpc; 2. Condanna altresì la parte attrice R. C. a rimborsare alla parte convenuta BANCA spa le spese di lite, che si liquidano in € 2.014,50 per spese e € 13.430,00 per compensi, oltre i.v.a. e c.p.a. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura ed allegazione al verbale.
Mantova, 9 marzo 2017
Il Giudice dott. Marco Benatti
Mantova, 9 marzo 2017
Il Giudice dott. Marco Benatti
FONTE: 101mediatori